A Solopaca (Benevento), sul Monte Pizzuto, a 580 metri d’altezza, si erge una superficie celeste e cristallina, un luogo sui generis che offre la possibilità di trascorrere momenti romantici a stretto contatto con la natura.

L'illuminazione dell'acquedotto Alto Calore a Solopaca con Mimmo Paladino

La luce artificiale, ponendosi all’ascolto del luogo, dell’architettura e dell’arte, instaura con la luce della luna un dialogo di voci che si accordano e si incalzano, si stemperano a vicenda raggiungendo, in molti passaggi, l’unisono assieme all’anima del luogo. Un progetto fatto di toni pacati ed intensità moderate, di piccoli suoni luminosi nel buio della notte (non è un caso che le bolle d’acqua illuminate nella grande vasca siano sette, proprio come le note musicali).

Un percorso di “decrescita” (dell’atteggiamento di prepotenza, di presunzione, e del desiderio di stupire ad ogni costo) intesa come una nuova poetica. Il mio percorso è un lavoro continuo e costante sul rigettare ogni “appropriazione indebita” liberando la mente da ogni pre-concetto, da ogni pre-sunzione, da ogni pre-giudizio al fine di veder emergere nuovi concetti, frutto non dell’elaborato mentale ma dell’in sé delle cose. Ogni serio risultato parte da un serio lavoro, nell’ambito di importanti progetti, nella volontà di reperire più completezza e pertinenza al luogo e all’uomo.

In questo percorso siamo casualmente partiti dalla luce e dal suono e, scrutando con spirito leggero, abbiamo forse più profondamente inteso come il suono misuri lo spazio, come il suono viva di silenzio, come la musica respiri tra una nota e l’altra e, poi, ci è apparso evidente anche per la luce che solo nella dialettica con l’ombra può vivere l’uomo. Ci è sbocciata in mano la similitudine suono/silenzio, luce/ombra. Abbiamo percepito questo essere delle cose e ne abbiamo sperimentato l’unitarietà, il possibile parallelismo dell’indagare in ogni disciplina alla ricerca di una “nota universale” come l’orchestra prima dei concerti quando il frastuono si stempera e ci si sintonizza con il “là” dell’intonazione. Quel “là” che è la chiave universale del mio quotidiano lavoro.